Strategie ESG per ridurre i costi operativi e generare vantaggio competitivo
Di Paolo Sordo
Introduzione – La sostenibilità non è un costo, è una strategia (se la sappiamo usare)
Per molte piccole e medie imprese italiane, il concetto di sostenibilità resta ancora avvolto da un alone di ambiguità. Da un lato, rappresenta un tema sempre più presente nelle agende politiche, nei bandi pubblici e nei requisiti richiesti dai grandi clienti e dal sistema finanziario. Dall’altro, è spesso vissuto come un onere: un insieme di adempimenti burocratici, costi aggiuntivi e richieste difficili da comprendere e tradurre in valore concreto. È il cosiddetto “effetto compliance”: quando un tema importante viene ridotto a una mera voce di spesa.
Questo articolo nasce per contrastare questa percezione. L’obiettivo è chiaro: dimostrare come la sostenibilità possa e debba essere interpretata come un investimento redditizio, capace di generare vantaggi tangibili in termini economici, organizzativi e reputazionali. A partire da evidenze empiriche, casi studio e ricerche recenti, illustrerò come le pratiche ESG (Environmental, Social, Governance) siano già oggi in grado di ridurre i costi operativi, migliorare l’efficienza interna, aumentare la resilienza dell’impresa e rafforzare la sua attrattività verso clienti, investitori e talenti.
Ma c’è di più. La sostenibilità, se integrata in modo strategico nel modello di business, può diventare una fonte di vantaggio competitivo durevole, al pari dell’innovazione di prodotto o del posizionamento sul mercato. Le imprese che sanno anticipare il cambiamento, misurare il proprio impatto e comunicare in modo autentico il proprio impegno, saranno quelle più capaci di crescere e di resistere alle crisi, economiche o ambientali che siano.
Questo non significa sottovalutare le difficoltà o minimizzare le sfide: implementare un piano di sostenibilità richiede risorse, metodo, tempo e competenze. Ma significa cambiare prospettiva: non più “quanto costa essere sostenibili”, ma “quanto può farci crescere il cambiamento”.
Nei prossimi paragrafi seguo un percorso che unisce visione strategica e strumenti operativi. Dall’analisi dei costi strategici alla misurazione dell’impatto, dai modelli di innovazione green alle leve per generare valore, troverai una mappa utile a trasformare la sostenibilità da vincolo a motore del successo aziendale.
Perché, oggi più che mai, sostenibilità fa rima con competitività. E chi saprà cogliere questa connessione, potrà non solo sopravvivere, ma prosperare nel contesto economico dei prossimi anni.
Indice dell’articolo
1. Un falso mito da superare
2. Le PMI italiane stanno già cambiando prospettiva
3. Quando la sostenibilità riduce davvero i costi
4. Come misurare l’investimento ESG: scegliere gli strumenti giusti
5. Quattro vie per generare vantaggio competitivo con le pratiche ESG
6. Oltre la compliance: sostenibilità come identità strategica
1. Un falso mito da superare
Nel panorama imprenditoriale italiano, soprattutto tra le piccole e medie imprese, persiste una percezione radicata quanto fuorviante: la sostenibilità sarebbe un costo. Un costo economico, innanzitutto, perché viene associata a investimenti in tecnologie pulite, consulenze specialistiche, certificazioni ambientali, rendicontazioni non finanziarie e, più in generale, a una serie di adempimenti che drenano tempo e risorse. Un costo organizzativo, poi, perché impone nuovi processi, una governance più strutturata e una cultura aziendale spesso lontana da quella esistente.
Questa visione, per quanto comprensibile, è oggi non solo superata ma controproducente. Considerare la sostenibilità esclusivamente come una spesa obbligata, imposta da regolamenti o da pressioni esterne, significa perdere l’occasione di trasformarla in una leva di innovazione e competitività. Si tratta di un equivoco strategico, frutto di un approccio difensivo e reattivo, anziché proattivo.
È utile ricordare che in economia i costi non sono tutti uguali. Ci sono costi improduttivi, che servono solo a mantenere lo status quo, e costi strategici, che generano valore nel tempo. La sostenibilità, se ben integrata nei processi aziendali, appartiene senza dubbio a questa seconda categoria. In un mercato sempre più orientato alla trasparenza, alla responsabilità sociale e alla resilienza ambientale, investire in ESG significa migliorare l’efficienza operativa, ridurre il rischio reputazionale e accedere a nuove opportunità di mercato e di finanziamento.
La ricerca internazionale, come anche numerose evidenze italiane, dimostra che le aziende più attente alla sostenibilità tendono a essere più performanti nel lungo periodo. Non solo attraggono più facilmente investitori, clienti e talenti, ma ottengono migliori risultati in termini di gestione dei costi, fidelizzazione, innovazione e adattabilità.
Ciò che serve, quindi, è un cambio di mentalità. Uscire dalla logica del mero adempimento e ripensare la sostenibilità come parte integrante del modello di business. Non è un “di più”, ma un elemento qualificante della strategia aziendale. Non è solo una risposta a obblighi normativi, ma una scelta competitiva consapevole.
Nel mondo post-pandemico, in un’Europa sempre più orientata al Green Deal, le imprese che non sapranno fare questo salto rischiano di restare indietro. Quelle che invece lo affronteranno per tempo, anche con piccoli passi iniziali, potranno costruire un vantaggio sostenibile. Letteralmente.
2. Le PMI italiane stanno già cambiando prospettiva
Se fino a pochi anni fa la sostenibilità era considerata, nella maggior parte delle PMI italiane, una questione marginale o una prerogativa delle grandi aziende, oggi stiamo assistendo a un’evoluzione profonda. Le piccole e medie imprese stanno iniziando a riconoscere la rilevanza strategica dei fattori ESG (Environmental, Social, Governance), spinti da un mix di pressioni normative, aspettative di mercato e dinamiche finanziarie.
Secondo la recente indagine del Forum per la Finanza Sostenibile (ottobre 2024), il 62% delle PMI italiane dichiara di porre maggiore attenzione agli aspetti ESG rispetto all’anno precedente, e oltre la metà considera la sostenibilità un fattore rilevante nelle scelte di investimento. Non solo: una PMI su due conosce o utilizza almeno uno strumento di finanza sostenibile, e il 70% si dice pronta a considerare soluzioni di questo tipo in futuro.
Questo cambio di atteggiamento è dovuto a molteplici fattori. In primo luogo, la spinta degli stakeholder esterni: i clienti (specialmente multinazionali), i fornitori, le banche e gli investitori stanno introducendo criteri ESG nei loro rapporti commerciali, creando un effetto a cascata. Ad esempio, il 42% delle PMI ha ricevuto richieste specifiche in tema ESG da parte dei clienti, il 26% dai fornitori, e il 19% direttamente dalle banche. La sostenibilità, in altri termini, è diventata una condizione abilitante per restare nei circuiti di fornitura più qualificati.
In secondo luogo, crescono la consapevolezza e l’interesse verso i benefici concreti che la sostenibilità può generare. Le PMI riconoscono con sempre maggiore chiarezza che investire in efficienza energetica, gestione dei rischi ambientali o miglioramento delle condizioni di lavoro non è solo un atto etico, ma anche una scelta economicamente vantaggiosa. Tra i vantaggi percepiti emergono: il risparmio sui costi energetici (39%), la riduzione dei danni da eventi climatici estremi (23%), un migliore posizionamento reputazionale (29%) e l’accesso facilitato ai capitali (15%).
Questo scenario racconta una verità spesso sottovalutata: le PMI italiane non sono ferme, ma si stanno muovendo con pragmatismo e crescente maturità. Anche se non tutte possono permettersi percorsi strutturati o certificazioni complesse, molte stanno già adottando pratiche sostenibili a livello operativo.
Il cambiamento è in corso. Il prossimo passo è renderlo sistemico, strategico e visibile. In questo senso, il ruolo dei consulenti, delle associazioni di categoria e dei partner finanziari sarà fondamentale per accompagnare le PMI in un percorso di sostenibilità che non sia solo dichiarato, ma pienamente integrato nel modello di business.
3. Quando la sostenibilità riduce davvero i costi
Uno degli ostacoli più comuni all’adozione di pratiche sostenibili nelle PMI è la convinzione che queste comportino inevitabilmente costi aggiuntivi, difficili da sostenere nel breve termine. Eppure, in molti casi, accade esattamente il contrario: la sostenibilità – se ben progettata e integrata – è un acceleratore di efficienza, capace di ridurre spese operative, migliorare la produttività e rafforzare la competitività.
Prendiamo ad esempio il tema dell’efficienza energetica. Secondo dati raccolti dal Forum per la Finanza Sostenibile, il 39% delle PMI che ha investito in sostenibilità ha ottenuto un risparmio diretto sui costi energetici. Interventi come l’ottimizzazione degli impianti, la sostituzione di macchinari obsoleti, l’installazione di pannelli fotovoltaici o sistemi intelligenti di monitoraggio dei consumi permettono, in molti casi, un ritorno dell’investimento in pochi anni.
Un secondo ambito critico è quello della gestione dei rifiuti e delle materie prime. Le aziende che adottano principi di economia circolare (es. riuso, riciclo, riduzione degli scarti) non solo diminuiscono i costi legati allo smaltimento, ma spesso riescono a valorizzare sottoprodotti o a ridurre gli approvvigionamenti grazie a un uso più efficiente dei materiali.
Altri esempi riguardano:
- La digitalizzazione dei processi (che riduce carta, errori, tempi e sprechi);
- L’ottimizzazione logistica (grazie a una maggiore attenzione alle emissioni e alla tracciabilità);
- Il welfare aziendale (che abbassa l’assenteismo e migliora la retention).
In una revisione bibliografica sulle PMI latino-americane e europee, è emerso che i cosiddetti “costi strategici” legati alla sostenibilità (come formazione, tecnologia, reingegnerizzazione dei processi) si traducono nel medio periodo in vantaggi operativi rilevanti, specie se supportati da incentivi pubblici e modelli di gestione orientati al miglioramento continuo.
Infine, un elemento spesso sottovalutato è la riduzione del rischio: adottare pratiche ESG consente di anticipare problemi legali, reputazionali o ambientali che, se trascurati, possono generare costi molto superiori agli investimenti iniziali.
Il punto chiave è che la sostenibilità non si limita alla responsabilità sociale: è una leva tecnica e gestionale che, se affrontata con metodo, porta a risultati concreti in termini di riduzione dei costi fissi e variabili. È qui che si compie la transizione da “costo” a “opportunità”. Una transizione che sempre più PMI stanno vivendo con consapevolezza e visione.
4. Come misurare l’investimento ESG: scegliere gli strumenti giusti
Una delle principali difficoltà che le PMI incontrano quando si avvicinano alla sostenibilità è la misurazione del valore generato. Se un investimento non è misurabile, rischia di restare invisibile e quindi di essere percepito come un costo. Questo vale anche, e soprattutto, per le pratiche ESG: ciò che non si misura, non si gestisce. E ciò che non si gestisce, non genera ritorni sistemici.
Per superare questo ostacolo, è necessario dotarsi di strumenti di misurazione adeguati, proporzionati alla dimensione aziendale e coerenti con gli obiettivi strategici. In questo senso, il lavoro curato dal Consorzio QUINN (Scegliere come misurare la sostenibilità, 2023) rappresenta un riferimento prezioso per le PMI italiane: non propone un unico modello, ma fornisce linee guida per la scelta consapevole del sistema di misura più adatto.
Un primo passo consiste nel chiarire lo scopo della misurazione. L’impresa vuole migliorare le performance ambientali? Vuole comunicare con gli stakeholder? Vuole attrarre finanziamenti o accedere a incentivi pubblici? Ogni obiettivo implica un approccio diverso. Non esiste una soluzione universale: esiste una “misura giusta” per ogni contesto strategico.
Tra gli strumenti oggi disponibili, le PMI possono adottare:
- Questionari di autovalutazione ESG, per una prima fotografia interna;
- Matrici di materialità, che aiutano a identificare le priorità in base agli impatti e alle aspettative degli stakeholder;
- Dashboard di KPI ibridi, che integrano dati economici, ambientali e sociali in un unico sistema di reporting;
- Modelli di rendicontazione semplificata, ispirati alle linee guida GRI, EFRAG o al framework SDG Action Manager.
Questi strumenti non servono solo a rendicontare, ma soprattutto a guidare le decisioni. Offrono alla direzione aziendale una base solida per orientare gli investimenti, confrontarsi con gli interlocutori esterni e dimostrare con dati alla mano che la sostenibilità è già fonte di valore.
Infine, la misurazione ha un impatto anche sul clima organizzativo. Rende visibili gli sforzi del team, fissa obiettivi chiari e genera motivazione. In un’epoca in cui trasparenza e responsabilità sono elementi sempre più richiesti dal mercato, saper misurare il proprio impatto ESG è un vantaggio competitivo in sé.
Per le PMI, questo significa dotarsi di una vera e propria “bussola” strategica: semplice, accessibile, ma capace di orientare l’impresa lungo un percorso solido e duraturo di sostenibilità generativa.
5. Quattro vie per generare vantaggio competitivo con le pratiche ESG
Uno degli argomenti più forti a favore della sostenibilità come leva strategica risiede nella sua capacità di generare vantaggio competitivo. Contrariamente alla visione tradizionale secondo cui l’adozione di politiche ambientali o sociali implicherebbe una perdita di efficienza o redditività, diverse ricerche – tra cui quelle curate da Stefan Ambec per l’INRA – dimostrano come le pratiche ESG, se ben integrate, possano non solo creare valore economico, ma posizionare l’impresa in una situazione di vantaggio rispetto ai concorrenti.
Ecco le quattro principali vie attraverso cui una PMI può ottenere vantaggio competitivo investendo in sostenibilità:
Differenziazione del prodotto e del brand
Le imprese che adottano processi sostenibili o offrono prodotti a basso impatto ambientale possono posizionarsi su segmenti di mercato premium, intercettando una clientela più attenta e disposta a pagare un sovrapprezzo per il valore aggiunto percepito. Certificazioni ambientali, packaging ecocompatibili, tracciabilità della filiera e trasparenza nei processi diventano fattori distintivi. Questa strategia di differenziazione consente di uscire dalla guerra dei prezzi e costruire una reputazione solida.
Sviluppo e adozione di tecnologie green
La transizione ecologica apre spazi enormi per nuovi mercati legati all’energia rinnovabile, all’efficienza energetica, all’economia circolare. Le imprese che sviluppano o adottano per prime soluzioni innovative possono anticipare la concorrenza, ridurre i costi a lungo termine e accedere a programmi di finanziamento dedicati. Anche nelle PMI, l’introduzione di tecnologie green può diventare un moltiplicatore di crescita, specie se accompagnata da partnership industriali.
Miglioramento della produttività
Secondo la cosiddetta Porter Hypothesis, l’introduzione di vincoli ambientali o sociali può stimolare le imprese a innovare e diventare più efficienti. Nelle PMI questo si traduce spesso in processi più snelli, minori sprechi, uso più intelligente delle risorse e una maggiore integrazione tra funzioni. L’effetto netto è un miglioramento della produttività che più che compensa i costi iniziali.
Spillover di conoscenza e cultura dell’innovazione
L’adozione di un approccio ESG comporta una ridefinizione delle logiche decisionali: si introducono nuove metriche, si coinvolgono gli stakeholder, si valorizza il capitale umano. Questo genera un cambiamento culturale interno che favorisce l’innovazione continua, aumenta la capacità di risposta ai cambiamenti esterni e crea una cultura aziendale più attrattiva per i talenti.
6. Oltre la compliance: sostenibilità come identità strategica
Uno degli errori più comuni che le piccole e medie imprese compiono nell’approccio alla sostenibilità è trattarla come un semplice obbligo formale. Questa visione “compliance driven” si traduce spesso in un atteggiamento passivo: l’impresa compila documenti, ottiene certificazioni, redige report ambientali per soddisfare requisiti di legge o richieste dei clienti, ma senza una reale integrazione nei processi aziendali. In questi casi, la sostenibilità resta una voce di costo, priva di ritorni tangibili.
Tuttavia, la vera forza trasformativa delle pratiche ESG si manifesta solo quando esse diventano parte integrante della cultura d’impresa e dell’identità strategica. Questo significa che la sostenibilità non è un’attività “a margine” – da delegare al consulente esterno o al responsabile qualità – ma un modo diverso di concepire le decisioni, le relazioni e i processi. Significa orientare l’organizzazione secondo un principio guida: creare valore economico generando al contempo impatti positivi per l’ambiente e la società.
Il documento del GBS “Valore e Sostenibilità” lo esplicita chiaramente: tra il produrre valore economico e il “fare il bene” non c’è necessariamente frizione. Al contrario, quando ben allineati, questi due obiettivi possono rafforzarsi reciprocamente, innescando un circolo virtuoso fatto di reputazione, innovazione, fiducia e resilienza.
In questo senso, un’azienda sostenibile è un’azienda che sa perché esiste, oltre il profitto, e che comunica questo scopo in modo coerente attraverso le proprie scelte operative, il rapporto con gli stakeholder e la gestione delle risorse. È un’impresa che coltiva la coerenza interna tra missione, strategia e comportamenti quotidiani, diventando così più credibile, stabile e attrattiva nel tempo.
Per compiere questo salto serve una leadership consapevole, capace di guidare il cambiamento e di coinvolgere l’intera organizzazione. Serve anche un linguaggio nuovo: meno report, più dialogo; meno standard, più valori condivisi. In un mondo sempre più interconnesso, la trasparenza e l’autenticità diventano asset competitivi tanto quanto il prezzo o la qualità del prodotto.
Superare la logica della sola conformità normativa è dunque il passo decisivo per trasformare la sostenibilità da vincolo in motore identitario dell’impresa. Un motore che orienta le scelte strategiche, rafforza il posizionamento di mercato e costruisce – giorno dopo giorno – un vantaggio competitivo durevole, riconosciuto e desiderabile.
Considerazioni finali – La sostenibilità come scelta di leadership e maturità d’impresa
Arrivati al termine di questa riflessione, è opportuno fare un passo indietro e uno avanti insieme: un passo indietro per rivedere la domanda iniziale – “la sostenibilità è un costo?” – e un passo avanti per comprendere che la risposta non dipende dai numeri, ma dalla visione.
Le pratiche ESG sono, prima di tutto, un indicatore del grado di maturità strategica e organizzativa di un’impresa. Un’impresa che sceglie di essere sostenibile, oggi, sta scegliendo di assumere un ruolo più adulto nella società: quello di attore responsabile, capace di creare valore non solo per sé, ma per l’intero ecosistema di cui fa parte.
Questa maturità si esprime in tre direzioni:
- nella capacità di pensare a lungo termine, anche in un contesto economico volatile;
- nella consapevolezza dei propri impatti e delle interdipendenze tra business, ambiente e persone;
- nella disponibilità a guidare il cambiamento invece di subirlo.
C’è un passaggio chiave che le PMI possono compiere oggi, ed è quello dalla reazione all’intenzionalità: non adottare pratiche sostenibili perché obbligate, ma perché lo vogliono, in quanto parte di una strategia solida, di un’identità autentica, di un posizionamento distintivo.
Questo significa, concretamente, assumere la sostenibilità non come moda né come compliance, ma come strumento manageriale, come criterio di scelta, come lente attraverso cui leggere il futuro. In questo modo, si trasforma in una piattaforma per innovare, attrarre capitale umano di qualità, dialogare con il territorio e anticipare la regolazione.
Infine, un messaggio va rivolto alla leadership imprenditoriale: la sostenibilità, come il cambiamento, non si delega. Si guida. È una postura prima ancora che un piano operativo. Non servono soluzioni perfette, ma scelte coraggiose e coerenti. Il futuro delle PMI italiane passa anche da qui: dalla capacità di vedere in ogni costo apparente un’opportunità nascosta, e di costruire, attorno a quella scelta, un’impresa più forte, più resiliente, più giusta.
In fondo, la vera sostenibilità non è un obiettivo da raggiungere, ma una direzione da assumere. E mantenere.
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Bibliografia
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Forum per la Finanza Sostenibile. (2024). Le PMI e la sostenibilità – Report di ricerca. Milano: FFS.
GBS – Gruppo Bilancio Sociale. (2023). Valore e sostenibilità: riflessioni per la redazione del report integrato. Quaderno GBS n. 19, Edizione 2023.
Istituto CEF. (2020). Educazione finanziaria alla sostenibilità ambientale: un percorso formativo per imprese e territori. Roma: Centro Educazione Finanziaria.
OECD. (2016). Gaining from Green Growth: Environmental Policy and Firm Competitiveness. OECD Publishing.
QUINN – Quality Innovation Network. (2023). Scegliere come misurare la sostenibilità: guida all’utilizzo dei modelli ESG per le PMI. Verona: QUINN Research.
Vázquez Maguirre, M., & Portales, L. (2022). Impacto de los costos estratégicos en la sostenibilidad organizacional en las PYMES. Estudios Gerenciales, 38(166), 239–250.